Regime forfetario e Statuto del contribuente: quando la legge ammette l’ignoranza…

Con la risoluzione n.7/E del 11 febbraio u.s. l’Agenzia Entrate ha confermato il proprio orientamento “restrittivo” in merito alla immediata applicabilità delle nuove cause di esclusione per l’accesso e la permanenza nel regime forfetario.

Come noto le modifiche introdotte con la nuova legge di bilancio 2020 rendono incompatibile l’accesso e la permanenza nel regime agevolato ai soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi per lavoro dipendente (ed assimilato) per importi superiori ad euro 30.000 e sostenuto spese per lavoro accessorio, dipendente, e per collaboratori, per importi superiori ad euro 20.000.

Secondo l’interpretazione fornita dall’Amministrazione fiscale, tali cause di esclusione, ancorchè inserite in una norma di legge approvata tra Natale e Capodanno (per la precisione di tratta della Legge n. 160 del 27 dicembre 2019) risulterebbero immediatamente operative (e quindi applicabili subito dopo aver stappato lo spumante di inizio anno!).

Con la conseguenza che non potrebbero applicare regime forfetario per il 2020 i contribuenti che nel 2019 ricadano in una delle cause di esclusione sopra evidenziate.

Sempre secondo l’Agenzia Entrate: ” non sembra possibile ritenere che si contravvenga al contenuto dispositivo dell’articolo 3, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente” e ciò in quanto: ” il requisito (non aver sostenuto più di 20.000 euro di spese per lavoro accessorio, lavoratori dipendenti e collaboratori) e la causa di esclusione (aver percepito più di 30.000 euro di redditi da lavoro dipendente e assimilati) impongono esclusivamente una verifica dell’eventuale superamento di dette soglie.”

A questo punto sembrerebbe tutto semplice e lineare. Secondo quanto affermato dall’Agenzia Entrate il contribuente al primo di gennaio avrebbe tutti gli elementi in mano per poter agevolmente verificare l’avvenuto superamento dei limiti imposti.

Ma visto che molto spesso tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, anche il questo caso, possiamo dire che tra la ricostruzione semplicistica effettuata dall’Amministrazione e la vita reale c’è un solco a volte incolmabile….

Vediamo di capirci qualcosa di più con un esempio pratico:

Premesso che si può essere favorevoli alla introduzione dei nuovi limiti all’accesso al Regime forfetario, e che anzi il limite massimo di euro 65.000 di fatturato per come è attualmente impostato il regime crea una profonda disparità tra chi fattura 65.001 in regime ordinario e chi ne fattura 64.999 in forfetario, con possibile violazione dell’art.53 della Costituzione (Principio della capacità contributiva), si deve tuttavia rimarcare l’arrampicata di specchi dell’Agenzia Entrate nel caso specifico.

Per meglio comprendere facciamo un esempio: contribuente dettagliante che emette scontrini e che, nel contempo, svolge anche una attività da dipendente. In base al principio di “cassa allargato” i suoi redditi da lavoro dipendente possono essere erogati al più tardi entro il 12 gennaio dell’anno successivo e confluire nel suo reddito dell’anno precedente.

In tale situazione al 1° gennaio il contribuente emette scontrini in forfetario e non può ancora sapere se con i compensi che incasserà entro il successivo 12 gennaio, supererà o meno la soglia dei 30.000.

Quindi, contrariamente a quanto affermato dall’Agenzia Entrate, al primo di gennaio il contribuente dell’esempio non ha tutti gli elementi per valutare se può ancora rientrare o meno nel regime forfetario.

Ritengo che l’Agenzia delle Entrate debba riformulare la propria opinione ed evitare che, in casi come questo, risultino applicabili sanzioni per comportamenti difformi tenuti nei primi periodi del 2020, e comunque va rilevato, che lo scorporo dell’iva dai corrispettivi emessi in forfetario nei primi giorni dell’anno, rappresenterà in ogni caso un danno economico per il contribuente in oggetto.

Lo Statuto del Contribuente merita maggiore attenzione e rispetto!

RISOLUZIONE_7_11-02-2020-U

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