L’effetto “protettivo” sul patrimonio offerto dalla sottoscrizione di quote di partecipazione in società di persone

Sono stati posti i seguenti quesiti:
– E’ possibile utilizzare le quote di società di persone (snc, sas) quale strumento di protezione dei patrimoni?
– Quali sono i pro ed i contro di una tale soluzione?
– Si potrebbe dettagliare la risposta tenendo presente che il bene che si vorrebbe proteggere è costituito da un immobile con diversi appartamenti ad uso residence dotato di piscina, del valore di circa tre milioni di euro, ubicato in una nota località turistica?

Si precisa che tale immobile verrebbe fatto costruire dalla società di persone e poi concesso in locazione (o in affitto di azienda) ad altra società già operante nel settore della gestione di residences che lo utilizzerebbe per la propria attività caratteristica. Entrambe le società risultano in qualche modo riconducibili ad un medesimo soggetto economico (le quote sono possedute a titolo personale da membri di una stessa famiglia).

 

Struttura della risposta:
1 – ASPETTI CIVILISTICI
1.1 – La tutela dei creditori sociali e di quelli particolari del socio di società di persone;
1.2 – Gli strumenti a tutela del creditore particolare del socio;
1.2.1 – Gli atti conservativi sulla quota di liquidazione;
1.2.2 – Gli atti conservativi o esecutivi sugli utili prodotti;
1.2.3 – Considerazioni sul pignoramento delle quote nelle società di persone;
2 – CENNI ALLA NORMATIVA PENALE
3 – POSSIBILI IMPLICAZIONI FISCALI
3.1 -Tassazione ed assoggettamento a contribuzione degli utili prodotti (ancorchè non distribuiti);
3.2 – Necessità di applicare un canone adeguato e possibile applicazione della disciplina delle società non operative (c.d. società di comodo).
4 – CONCLUSIONI

 

1- ASPETTI CIVILISTICI

1.1- La tutela dei creditori sociali e di quelli particolari del socio di società di persone.
Al fine di meglio comprendere la problematica in oggetto è bene partire da due articoli del codice civile: l’articolo 2740 comma 1 c.c. secondo cui “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” e l’articolo 2252 cod. civ., secondo il quale nelle società di persone: “il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente”.
Con la prima norma si stabilisce che il patrimonio del debitore (presente e futuro) viene posto a garanzia nel caso di inadempimento per le obbligazioni che questi ha contratto (e quindi anche per il soddisfacimento delle ragioni dei creditori).
La seconda norma, consente ai soci di società di persone di porre sostanziali limitazioni alla circolazione delle quote. Si tratta tuttavia di limiti derogabili in quanto l’ultimo periodo dell’articolo in oggetto prevede la possibilità per i soci di “convenire diversamente”, con importanti conseguenze, come vedremo, in merito alla pignorabilità delle quote sociali.
La disciplina codicistica, ove non derogata, prevede che le modifiche dell’atto costitutivo di società di persone (s.s., s.n.c, s.a.s.) debbano essere adottate con il consenso di tutti i soci. La variazione nel numero e nell’identità dei soci rappresentano una modifica all’atto costitutivo e pertanto non possono essere introdotti nuovi soci, e non possono essere sostituiti quelli esistenti se non con il consenso unanime.
Una ulteriore norma del codice civile da tenere in debita considerazione è contenuta all’articolo 2270 c.c. : “Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella liquidazione. Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società”.
Le disposizioni contenute nel secondo periodo dell’articolo 2270 c.c. (quindi la possibilità di richiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del debitore) sono applicabili solo alle quote possedute dal debitore in società semplici in quanto, per le società in nome collettivo ed in accomandita semplice, vale il disposto dell’articolo 2305 del codice civile per le s.n.c. (richiamato dall’art. 2315 c.c. per le s.a.s.) che prevede quanto segue: “Il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore”.
OSSERVAZIONE: Le norme dell’art. 2270 c.c. sono relative alla posizione del creditore particolare del socio e non riguardano in alcun modo i creditori della società per i quali trovano applicazione le regole generali, prima fra tutte l’articolo 2740 c.c., e quindi sia la società che i propri soci illimitatamente responsabili sono chiamati a rispondere con i rispettivi patrimoni per tutte le obbligazioni sociali, fatta salva la preventiva escussione del patrimonio sociale rispetto a quello dei soci, per i casi in cui la stessa risulti applicabile

1.2 – Gli strumenti a tutela del creditore particolare del socio
Il creditore particolare del socio di una s.n.c. o s.a.s. durante la vita della società può far valere i propri diritti:

– compiendo atti conservativi sulla quota di liquidazione di pertinenza del debitore;

– pignorando gli utili prodotti dalla società per la quota di pertinenza del debitore;

– pignorando la quota sociale del debitore anche durante la vita della società stessa, ma solo nei casi in cui la circolazione della quote sia “libera”.

1.2.1 – Gli atti conservativi sulla quota di liquidazione
Occorre precisare che l’atto conservativo si riferisce alla “quota di liquidazione” ovvero alla quota che spetterà al socio al momento della liquidazione e non va ad incidere sui poteri del socio (che restano immutati). Il valore di liquidazione della quota, durante la vita della società, è un bene di ammontare assolutamente incerto, in quanto verrà determinato con esattezza solo al termine della procedura di liquidazione della società. Inoltre, in presenza di perdite di gestione, tale valore potrebbe risultare anche negativo e comportare la necessità per il socio illimitatamente responsabile di apportare le risorse necessarie per chiudere la fase di liquidazione.
Il sequestro conservativo (atto conservativo) sulla quota viene effettuato secondo le norme stabilite per il pignoramento presso terzi stante il disposto dell’articolo 678 c.p.c..
La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore a favore del suo creditore particolare può scattare anche nelle ipotesi in cui i soci decidano una proroga nella durata della società (sia essa espressa o tacita). Come stabilito dall’articolo 2307 c.c.: “Il creditore particolare del socio può fare opposizione alla proroga della società entro tre mesi dalla iscrizione della deliberazione di proroga nel registro delle imprese.

Se l’opposizione è accolta, la società deve, entro tre mesi dalla notificazione della sentenza, liquidare la quota del socio debitore dell’opponente. In caso di proroga tacita ciascun socio può sempre recedere dalla società, dando preavviso a norma dell’art. 2285, e il creditore particolare del socio può chiedere la liquidazione della quota del suo debitore a norma dell’art. 2270.”

Quindi il creditore particolare del socio può opporsi alla proroga espressa della società entro tre mesi all’iscrizione della delibera nel Registro delle imprese e, nel caso di accoglimento dell’opposizione, la società dovrà liquidare la quota del socio. Solo nel caso di proroga tacita (ed aggiungiamo anche nei casi, peraltro rari, in cui il contratto sociale sia a tempo indeterminato), il creditore particolare del socio potrà chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota.

CONSIDERAZIONE: In base a quanto sopra esposto appare chiaro che gli atti conservativi sulla quota forniscono al creditore particolare del socio una tutela alquanto blanda poiché è assolutamente incerto il quantum che si potrà incassare in sede di liquidazione della quota e potrebbero passare anche decine di anni prima che si abbia il termine finale della società e scatti il diritto a vedersi liquidata la quota del debitore.
Se a ciò si aggiunge che il creditore particolare del socio deve altresì dimostrare l’insufficienza degli altri beni del socio suo debitore si può ben capire quanto poco interesse possa avere il creditore ad attivare tale forma di tutela delle proprie ragioni.

1.2.2 – Gli atti conservativi o esecutivi sugli utili prodotti
Il creditore può invece sempre promuovere atti conservativi o esecutivi sulla quota di utili spettanti al socio (e ciò sia per le s.n.c. e s.a.s. che per le s.s.)

Pare utile a tal proposito ricordare che nelle società di persone il socio ha il diritto di percepire l’utile accertato in sede di approvazione del rendiconto, senza necessità di un’ulteriore delibera di distribuzione, salvo diversa previsione dell’atto costitutivo.
I soci possono tuttavia decidere, all’unanimità, di non distribuire gli utili e di rifinanziare così la società: questa scelta non è sindacabile dal creditore particolare del socio, il quale potrà quindi chiedere il pignoramento degli utili solo dopo l’approvazione del rendiconto e salvo diversa decisione dei soci.
Occorre tuttavia valutare le implicazioni fiscali e previdenziali che una tale scelta comporta e su questo punto rinviamo al successivo paragrafo 3.1.

1.2.3 – Considerazioni sul pignoramento delle quote nelle società di persone
Come già evidenziato, la disciplina generale contenuta nell’art. 2252 c.c., prevede che la circolazione delle quote di società di persone avvenga con il consenso di tutti i soci, essendo prevalente il c.d “intuitu personae”.
Da ciò ne discende la sostanziale impignorabilità delle quote in quanto risulta evidente che “l’espropriazione della quota”, comportando l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà degli altri soci, introdurrebbe un elemento di “novità” incompatibile con il carattere di tale tipo di società (Cassazione civile, 07 novembre 2002, n. 15605).
Tuttavia, abbiamo visto che l’art. 2252 c.c. lascia facoltà ai soci di regolare diversamente i loro rapporti. Per cui i soci potrebbero prevedere, ad esempio, la libera circolazione delle quote di partecipazione. Laddove sia presente tale pattuizione nell’atto costitutivo (o anche in quello modificativo delle precedenti pattuizioni), le quote di partecipazione di una società di persone potranno essere sottoposte a sequestro conservativo ed essere espropriate a beneficio dei creditori particolari del socio anche prima dello scioglimento della società. Allo stesso modo, possono essere espropriate le quote con riferimento alle quali, pur essendo previsto il diritto di prelazione in favore degli altri soci, è comunque ammessa la libera trasferibilità (Cassazione civile, 07 novembre 2002, n. 15605).

IN SINTESI: Nell’ambito delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, pertanto, ai sensi dell’articolo 2305 cod. civ., ed in considerazione della non libera trasferibilità della quota, deve ritenersi che il creditore particolare del socio:
* possa compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio in sede di liquidazione;
* non possa espropriare la quota, se trasferibile solo con il consenso di tutti i soci,
* non possa chiedere la liquidazione della quota del socio debitore finché dura la società. Tale limitazione viene meno nei casi in cui il contratto sociale sia a tempo indeterminato o qualora essendo in scadenza esso venga prorogato. In tali circostanze il creditore può chiedere la liquidazione della quota.
Nelle società semplici, a differenza di quanto sopra evidenziato per s.n.c. e s.a.s., il creditore particolare del socio può chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota, se gli altri beni del socio-debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti.
Pur essendo consentita la liquidazione della quota, non è comunque ammessa, nemmeno per le società semplici, l’espropriazione della stessa, qualora le quote non siano liberamente trasferibili.

2 – CENNI ALLA NORMATIVA PENALE
Le considerazioni sin qui effettuate valgono esclusivamente in campo civilistico in quanto nel campo del diritto penale sono presenti strumenti di tutela quali il sequestro preventivo e la confisca che ben possono essere fatti valere anche sulle quote di società di persone, in quanto, come evidenziato dalla giurisprudenza penale della

Suprema Corte di Cassazione “il principio dell’autonomia patrimoniale ha valenza soltanto in ambito civilistico e non si estende automaticamente alla sede penale”. Da ciò ne consegue che le limitazioni civilistiche alla circolazione delle quote non sono applicabili in campo penale ad istituti quali il sequestro preventivo e/o la confisca. E ciò in quanto, come specificato dalla Suprema Corte: “la ratio del sequestro preventivo penale finalizzato alla confisca per equivalente è di consentire l’apprensione di un valore equivalente al profitto ottenuto dal reo. Il carattere della confisca per equivalente è essenzialmente sanzionatorio e, per ottenere tale effetto afflittivo, è necessario che la confisca riguardi i beni compresi nel patrimonio del reo, beni che possono essere di qualsiasi tipo purché suscettibili di valutazione economica”.

3 – LE POSSIBILI IMPLICAZIONI FISCALI
3.1 -Tassazione ed assoggettamento a contribuzione degli utili prodotti (ancorchè non distribuiti)
Secondo le vigenti disposizioni del TUIR DPR 917/86 art. 5 “I redditi delle società semplici, in nome collettivo ed in accomandita semplice residenti nel territorio dello stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazioni agli utili” e ciò vale anche per l’assoggettamento a contribuzione previdenziale (es. Gestione artigiani e commercianti) ove prevista.
Pertanto, sulla base di quanto evidenziato al precedente punto 1.2.2) qualora il creditore particolare del socio procedesse con atti conservativi o esecutivi sulla quota di utili spettante al socio, questi si troverebbe nella sgradevole situazione di dover comunque corrispondere ogni anno le imposte e, ove previsto, anche i contributi sui redditi prodotti ma non percepiti (es. perché pignorati dal creditore).
Tale difficoltà economica si avrebbe anche qualora i soci decidessero all’unanimità di non distribuire gli utili (onde evitare l’aggressione sugli stessi del creditore particolare del socio) in quanto tutti i soci (anche quelli che non hanno problemi con propri creditori particolari) dovrebbero rinunciare a percepire concretamente gli utili e contemporaneamente pagare sugli stessi sia le imposte che eventualmente i contributi, in quanto per l’assoggettamento ad imposte e contributi risulta sufficiente che gli stessi siano prodotti (non rileva la distribuzione e non esime la rinuncia a distribuire gli utili).

3.2 – Necessità di applicare un canone adeguato e possibile applicazione della disciplina delle società non operative (c.d. società di comodo)

Posta l’aggredibilità degli utili prodotti si potrebbe pensare ad arginare l’entità del problema ricorrendo a politiche che possano ridurre la produzione di utili. In primis si potrebbe pensare di poter ridurre l’ammontare dei canoni (di locazione o di affitto di azienda) applicati al fine di contenere l’utile di periodo. Nel caso di specie l’operazione non comporterebbe perdite economiche, se vista nella sua interezza, in quanto sia la società concedente i beni che l’utilizzatrice sono riconducibili alla medesima proprietà (quindi guadagno meno da una parte e pago meno dall’altra). Tuttavia tale tipo di politica va attentamente valutata alla luce delle disposizioni fiscali relative alle c.d. società non operative che stabiliscono conseguenze alquanto gravose per le società che non risultano in linea con gli appositi parametri di redditività minima. Risulta inoltre necessario tenere in debito conto che l’Agenzia delle Entrate assume molto spesso, a base dei propri accertamenti fiscali, i c.d valori OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare) previsti per le compravendite e gli affitti di immobili in un certo luogo ed in un certo periodo.

Considerando infine che si tratta di operazioni tra società riconducibili (di fatto) al medesimo soggetto economico si ritiene opportuno consigliare, al fine di evitare contenziosi in cui la difesa diventa estremamente difficile, che i corrispettivi pattuiti siano congrui e pongano al riparo da possibili accertamenti fiscali o quanto meno consentano una valida difesa.

4. CONCLUSIONI

per rispondere ai quesiti evidenziati in premessa:

– E’ possibile utilizzare le quote di società di persone (snc, sas) quale strumento di protezione dei patrimoni?

Le società di persone offrono nei confronti del creditore particolare del socio una qualche forma di tutela rappresentata dalla impignorabilità della quota durante la vita della società stessa, e ciò salvi i casi di libera trasferibilità della quota stessa.

Anche la possibilità per il creditore particolare dei soci di compiere atti conservativi finalizzati al soddisfacimento in sede di liquidazione della società appare molto spesso di dubbia utilità pratica (e ciò salvo che la scadenza del contratto sociale non sia imminente).

Viceversa la possibilità di pignorare gli utili può, in alcuni casi rappresentare un danno concreto per il socio debitore in quanto potrebbe trovarsi nella spiacevole condizione di vedersi pignorare ingenti quote di utili e di doverci comunque pagare imposte e contributi.

Quali sono i pro ed i contro di una tale soluzione?
Si tratta certamente di una soluzione a basso costo di costituzione e di gestione (si pensi solo al fatto che molto spesso le società di persone possono optare per il regime della contabilità semplificata). Per contro la tutela fornita risulta alquanto incompleta se rapportata ad istituti pur presenti nel nostro sistema giuridico (si pensi ad esempio al trust) che presentano costi significativamente maggiori ma offrono nel contempo una migliore possibilità di protezione del patrimonio.
Si tenga comunque presente che l’opzione per la contabilità semplificata può a volte risultare controproducente qualora sopravvenga il fallimento dell’impresa in quanto il rispetto delle norme di contabilità fiscale non esime l’imprenditore non piccolo dalla tenuta di regolari scritture contabili (libro giornale e libro inventari) e ciò in sede fallimentare può costare anche una condanna per bancarotta documentale, semplice o fraudolenta a seconda della situazione concreta (v. Cass. 55030/2016).
Infine non va sottaciuto che le società di persone per i propri debiti sociali espongono tutti o parte dei loro soci alla responsabilità illimitata (e nei casi più estremi anche al loro fallimento personale).

Si potrebbe dettagliare la risposta tenendo presente che il bene che si vorrebbe proteggere è costituito da un immobile con diversi appartamenti ad uso residence dotato di piscina, del valore di circa tre milioni di euro, ubicato in una nota località turistica?

Si precisa che tale immobile verrebbe fatto costruire dalla società di persone e poi concesso in locazione (o in affitto di azienda) ad altra società già operante nel settore della gestione di residences che lo utilizzerebbe per la propria attività caratteristica. Entrambe le società risultano in qualche modo riconducibili ad un medesimo soggetto economico (le quote sono possedute a titolo personale da membri di una stessa famiglia).
Venendo al caso specifico e tenuto conto che il bene che si intende tutelare è rappresentato da un immobile (ad uso residence) del valore di euro 3 milioni circa occorre effettuare una valutazione circa il canone congruo alla luce delle vigenti normative sopra tratteggiate, determinare le spese, e per differenza l’utile netto che potrebbe essere oggetto di pignoramento. Occorre inoltre esaminare le clausole dello statuto per evitare che possa invocarsi il regime della c.d. libera trasferibilità delle quote.

Risposta del 5 febbraio 2020

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